L’Amministratore Delegato e Direttore Generale di TIM Pietro Labriola torna a parlare della centralità delle società di telecomunicazioni nell’economia digitale in un post su LinkedIn, mettendo in guardia sul pericolo di un eventuale arresto dell’infrastruttura.
Pietro Labriola: non c’è più ritorno sugli investimenti degli operatori
“Il digitale esiste perché qualcuno lo connette – scrive su LinkedIn il Presidente di Asstel, riprendendo un post pubblicato da Sebastian Barros, ex manager di Google ed Ericsson e attuale Managing Director di Circle – Negli ultimi dieci anni in Italia il costo medio di un gigabyte di dati mobili è crollato da 6,5 € a meno di 0,20 € (-97%), le velocità sono passate da 30 Mbps a oltre 110 Mbps, la copertura è cresciuta di oltre il 35%, l’affidabilità è migliorata e la latenza si è ridotta”. Numeri che, rimarca Pietro Labriola, “raccontano una verità che troppo spesso dimentichiamo: le telecomunicazioni hanno abilitato il mondo digitale. Grazie a questa rivoluzione silenziosa sono esplosi altri mondi: quello degli smartphone, dei servizi digitali, del cloud. Tutto perché la connessione digitale abilita questi servizi”. Adesso, però, secondo l’AD e DG di TIM serve un cambio di passo: “Non c’è più ritorno sugli investimenti. Se questa formula continua a dare sempre di più a sempre meno, l’equilibrio si rompe. Se si ferma l’infrastruttura che regge il digitale si ferma tutto”. Da qui l’appello: “È il momento di entrare in una nuova fase, che dia sostenibilità agli investimenti e permetta alle Telco di continuare a innovare. Solo insieme possiamo crescere e competere meglio”.
Il post di Sebastian Barros ripreso da Pietro Labriola
Le parole di Pietro Labriola fanno eco ai temi che il Managing Director di Circle ha sollevato nella sua analisi, aperta dalla domanda “Perché le persone ancora non amano le società di telecomunicazioni?” e conclusa con la proposta di dare vita a un nuovo stile di narrazione. Uno che sia in grado di dare la giusta rilevanza e visibilità al ruolo delle telco nell’economia digitale. “Secondo i sondaggi condotti a livello mondiale, gli operatori di telecomunicazioni sono tra le cinque industrie più antipatiche del Pianeta – riporta Sebastian Barros – Al di sotto delle compagnie aeree. Appena sopra le agenzie governative. Nonostante un investimento infrastrutturale di 1.500 miliardi di dollari in cinque anni. Nonostante svolgano un lavoro duro, fisico e pesante dal punto di vista del capitale per mantenere il mondo moderno online”. Quelle delle telecomunicazioni si presentano come delle infrastrutture “silenziose” e “poco appariscenti”, però fondamentali dal momento in cui connettono 5,5 miliardi di persone, alimentando “ogni cloud, ogni app, ogni strumento digitale”. “Le società di telecomunicazioni non parlano come se fossero dei facilitatori della vita digitale. Parlano come servizi di pubblica utilità. Non raccontano la storia di ciò che rendono possibile. Raccontano le specifiche mentre altri rivendicano i riflettori per aver costruito sopra di loro, le telecomunicazioni portano il peso sotto di loro”, prosegue il manager sudamericano. Poi dichiara: “È ora di cambiare le cose. Ci manca la narrazione”.
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