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sabato 11 aprile 2015

Dies Iran/A nuclear mind



I sostenitori dell'utilizzo dell'energia nucleare sbandierano, quasi fosse l'unico possibile vanto, il minor prezzo dell'elettricità prodotta rispetto a quella ottenuta con altri tipi di centrali (a gas, carbone, petroli). Paradossalmente, la critica diventa più forte quando la discussione si sposta su quanto viene erogato da impianti eolici o solari. Eppure, la “questione nucleare” è di una imbarazzante semplicità. Il prezzo all'utente finale dell'elettricità prodotta non tiene conto dei costi di costruzione di una centrale (tra i 5 e i 10 miliardi di euro), di quelli legati alla sua dismissione (può durare anche qualche migliaio di anni, a tutt'oggi sono incalcolabili), i costi occulti durante il suo funzionamento (dovuti al trasporto, alla protezione ed allo stoccaggio fuori sede delle scorie che è maggiore rispetto a quello di costruzione). Il business in perdita non viene fatto da ditte private ma dagli Stati che hanno deciso di utilizzare questa forma di produzione di energia, senza contare quello secondario e (spesso) di natura politica ed espansionista legata ad utilizzi militari. I rischi che vengono calcolati (sulla carta) sono quelli legati ad incidenti interni (malfunzionamento interno come a Chernobyl) ed esterni (eventi naturali come a Fukushima o veri e propri attentati terroristici). La Storia mostra come la scelta nucleare sia andata di pari passo con quella di un rafforzamento militare in quanto i due settori (la produzione energetica e la Difesa) finiscono per intrecciare un rapporto particolarmente simbiotico. L'accordo quadro sul programma atomico iraniano avallato da Cina, Russia, Germania, Francia, Regno Unito, Stati Uniti, non credo segni una prospettiva immediata di attacco ad Israele (anche se non è da escludere) ma indica senz'ombra di dubbio la decisione di un rafforzamento militare non indifferente. Così han fatto tutte (le Nazioni). Lo dice la Storia.
Pier Giorgio Tomatis

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