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venerdì 20 giugno 2025

Pietro Labriola: investimenti, standard e competenze per il futuro delle Telco in Europa

Con margini ridotti, investimenti rallentati e regole obsolete, il futuro delle Telco europee è incerto. L’AD di TIM e Presidente di Asstel Pietro Labriola traccia il percorso verso un’Europa digitale competitiva.

Pietro Labriola

Pietro Labriola: il futuro delle Telco passa dal cambiamento

In un contesto come quello attuale, dove la velocità dell’innovazione supera quella della regolazione, restare fermi è la scelta più pericolosa. Il cambiamento non è un’opzione. È una necessità. E va guidato con coraggio. Non inseguendo gli eventi, ma anticipandoli”. È quello che scrive Pietro Labriola, AD di TIM e di recente nominato Presidente di Asstel, in un articolo pubblicato su LinkedIn Pulse in cui parla del coraggio che manca nel settore europeo delle telecomunicazioni per compiere le scelte necessarie a rendere il Vecchio Continente digitalmente competitivo. Un coraggio che dovrebbe coinvolgere “ogni livello del sistema”, dal cittadino alle istituzioni, dal mercato alle aziende. “Le parole non bastano più”, afferma il manager, sottolineando gli scarsi risultati ottenuti dai tanti documenti, analisi e appelli generati negli ultimi anni dalle aziende del settore. “Le Telco europee continuano ad avere margini inferiori rispetto ad altri settori strategici – continua – Gli investimenti sono rallentati. Le regole sono spesso obsolete”. Per l’AD di TIM è in gioco un futuro che rischia di essere dominato da piattaforme americane e asiatiche. Una partita che non si gioca solo sul piano economico ma anche su quello geopolitico: “Senza infrastrutture digitali forti e autonome, l’Europa diventa dipendente da modelli industriali e tecnologici esterni”.

Pietro Labriola: serve una politica industriale per il digitale

Con queste premesse, Pietro Labriola fa dunque un appello a istituzioni, aziende e tutti gli attori coinvolti invitandoli a non lasciare più nulla al caso e a cominciare a guidare concretamente la trasformazione, a partire da una politica industriale europea per il digitale. “Le Telco europee sono chiamate a sfide epocali: transizione digitale, 5G, cybersicurezza, Intelligenza Artificiale, sostenibilità ambientale. Ma affrontano queste sfide con una struttura di mercato fragile, margini ridotti e regole pensate per un mondo che non esiste più”, scrive. “Abbiamo talento, idee, capacità.  Ma ci manca il sistema. E un’Europa senza sistema non è un’Europa digitale”. Cosa si dovrebbe fare dunque? Secondo l’AD di TIM, l’Europa dovrebbe: favorire il consolidamento dal momento in cui sono necessari pochi player forti e capaci di investire, definire un level playing field reale con regole uguali per tutti, riconoscere il ruolo strategico delle Telco in quanto “utility intelligenti”. “Serve una politica industriale del digitale – prosegue –. Come per l’energia o l’agricoltura, anche il digitale ha bisogno di una strategia comune. Di obiettivi condivisi, risorse adeguate, visione a lungo termine. Non possiamo più limitarci a regolamentare. Dobbiamo costruire”. Come? Sostenendo l’innovazione infrastrutturale, promuovendo standard aperti e interoperabili, investendo sulle competenze digitali e creando campioni europei nel cloud, nelle piattaforme e nei servizi di rete.

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