Chi
l'avrebbe mai pensato. Con il nuovo secolo, lavorare è diventato
sinonimo di fare all'amore, essere assunti ad un matrimonio, il
licenziamento (l'abolizione dell'art. 18) al divorzio,
l'apprendistato al fidanzamento. Lo sostengo perché mentre il
Parlamento continua a discutere e a temporeggiare sulla definizione
ed approvazione del cosiddetto "divorzio breve", dalle
pagine di Avvenire esordisce una proposta formulata da un lettore,
tale Ivano Argentini, nella rubrica delle lettere al Direttore (Marco
Tarquinio) di "matrimonio a tutele crescenti". Lasciando da
parte la similitudine col Job Act, almeno per quanto riguarda la
descrizione del contratto più comune, mi fa sorridere la possibilità
che si possa anche solo parlare di matrimonio a
tempo indeterminato con
possibilità di divorzio senza
giusta causa ma
con indennizzo economico. E poi i Co.Co.Co., i Co.Co.Pro., quelli a
termine, gli interinali, quelli "a chiamata", gli
stagionali, quelli a cottimo e a ore. Ovvio, direte, sto esagerando.
Come si possono unire due cose così diverse tra loro. L'amore tra
due esseri umani è quanto di più puro, bello, gioioso, possa
esistere. Un conto è l'economia e un altro è la vita. La vita..
già, la vita. Ripensandoci, anche il lavoro è vita. Magari, non
sempre ci rende felici ma è pur sempre una base sulla quale
costruire una famiglia, sia essa formata da una coppia di fatto o
celebrata, da una navigata o appena formata. Dunque, è realmente
così? Lavoro e sesso andranno di pari passo? C'è già chi lo ha
fatto, mescolando al proprio status sociale una relazione occasionale
o stabile tanto che è statisticamente provato che è proprio sul
luogo di lavoro che è più probabile che due individui si incontrino
per la prima volta, che inizino ad innamorarsi l'uno/a dell'altra/o,
che stabiliscano le basi del loro rapporto. Tutto sommato, questa
analogia non sembra essere così sballata come appare di primo
acchito tranne quando si aggiunge un solo piccolo elemento: il
Sindacato può essere paragonato all'autorità ecclesiastica o
viceversa? Qui i dubbi diventano più grandi. Non credo che il Clero
abbia delle figure lontanamente paragonabili a Landini o Camusso, né
che il Sindacato possa vantarsi di avere una guida come quella di
Papa Francesco. Dopotutto, occorre "dare a Cesare quel che è di
Cesare e a Dio quel che è di Dio"...
Pier Giorgio Tomatis
Pier Giorgio Tomatis
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