Forse
non tutti sanno che una delle norme più longeve del New Deal di
Roosevelt, introdotta nel 1933 ai tempi della Grande Crisi, è il
Glass-Steagall
Act (prendendo
il nome dai due relatori e promotori: il Senatore Carter Glass e il
Deputato Henry B. Steagall) che
istituì la Federal Deposit Insurance Corporation
(FDIC)
negli Stati Uniti
e
attuò delle riforme bancarie, progettate per controllare la
speculazione.
Questa
Legge,
rivoluzionaria
per l'epoca anche in virtù del fatto che è stata fortemente voluta
da un acceso sostenitore e difensore del liberismo, sanciva la
sostanziale separazione tra le
banche commerciali, cioè quegli istituti di credito che
raccoglievano denaro presso i risparmiatori per prestarlo e lucrare
sulla differenza dei due tassi applicati, e le banche d’investimento,
le quali investivano capitali in prodotti finanziari e offrivano
consulenze. A
partire dagli anni Ottanta, l'industria bancaria ha cercato di
convincere il Congresso ad abrogare tale normativa. Ci riuscì nel
1999. Il Glass-Steagall
Act fu
abrogato. Molti commentatori sostengono apertamente che questa sia
stata una delle cause della crisi.
Il Congresso statunitense, a maggioranza repubblicana, approvò una
nuova legge bancaria promossa dal Rappresentante (Jim Leach)
e
dal Senatore
Phil
Gramm.
Venne
promulgata il 12 novembre 1999
dal
Presidente Bill Clinton
e divenne universalmente nota con
il nome di Gramm-Leach-Bliley
Act.
Questa nuova legge abrogava le disposizioni del Glass-Steagall Act
del 1933, proprio nella parte che prevedeva la separazione tra
attività bancaria tradizionale e quella di investment banking,
lasciando inalterate le disposizioni che riguardavano la Federal
Deposit Insurance Corporation.
Poco importa, il peggio era stato compiuto. Perché questa normativa
era così importante? L'obiettivo che Roosevelt aveva intenzione di
raggiungere (e ci era riuscito) era quello di evitare che il
fallimento dell'intermediario (la banca d'investimento) comportasse
altresì il fallimento della banca tradizionale (quella che
raccoglieva i risparmi dei cittadini). In questo modo, si impediva
che l'economia reale (quella che produce beni e da lavoro) fosse
direttamente esposta al pericolo di eventi negativi (dovuti
prettamente ai rischi assunti dal mercato finanziario). Un altro
risultato negativo che si è ottenuto con questa operazione è che le
banche non svolgono più il loro compito precipuo e cioè quello di
prestare del denaro. Esse lo ritengono (laddove gli Stati pongono dei
limiti di usura) economicamente poco vantaggioso e preferiscono
investire grosse cifre in altri tipi di operazioni finanziarie. Che
sono, per la loro stessa natura, molto rischiose e azzardate. La
crisi attuale è figlia legittima e riconosciuta proprio di questa
scelleratezza nella scelta della filosofia politico-economica da
applicare e dall'interessata miopia di chi ora detiene saldamente le
redini del mercato globale. Altro che Nuovo Ordine Mondiale. Lo stato
d'insolvenza nel mercato dei mutui subprime
ha
scatenato una crisi di liquidità che si è trasferita
simultaneamente all'attività bancaria tradizionale. E da questa ai
correntisti. Cioè, alla gente comune.
Pier Giorgio Tomatis
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