Facciamocene
una ragione. La Pirelli ha una proprietà che non è più solo a
maggioranza italiana. La ChemChina è entrata nella stanza dei
bottoni della società meneghina. Chi trema di fronte a questa novità
economica (che è molto diversa da quella di Fiat/Chrysler) deve
farsene una ragione ed abituarsi all'idea. Seguiranno altri casi come
questo. E' inevitabile. Il trend di crescita degli investimenti non
sta in Italia ma nei ricchi Paesi dell'Opec, dell'India e appunto
della Cina. Ad iniziare la rivoluzione che è oggi sotto gli occhi di
tutti è stata Margaret Thatcher. In modo massiccio, nella sua
seconda legislatura come Primo Ministro, la Lady di Ferro vendette i
gioielli dell'economia inglese e le case di proprietà pubblica agli
inquilini che ci abitavano. I suoi stessi compagni di Partito
definirono questo “liberismo” spinto come una vendita
“dell'argenteria” di famiglia. La sua uscita di scena è stata
determinata da uno scrutinio interno dopo una insanabile frattura
dovuta alle dimissioni del ministro degli esteri Geoffrey Howe. I
suoi stessi “amici” la accusavano di essere, con la sua
intransigenza, la causa di un completo isolamento del paese nei
preliminari della conferenza che avrebbe dovuto sancire il trattato
di Maastricht. Oggi, James Cameron vorrebbe portare il Paese fuori
dell'Europa con un referendum. La Thatcher, evidentemente, non era
poi così poco lungimirante. Bene, la Primo Ministro combatteva a
muso duro le critiche alle liberalizzazioni ed alla vendita delle
storiche industrie inglesi con un concetto tanto semplice quanto
inattaccabile: non è importante chi ha la proprietà dell'azienda
quanto il lavoro che il consiglio di amministrazione deve saper dare.
Questo è il vero banco di prova di un'azienda. Non è importante,
quindi, se la Pirelli è di Tronchetti Provera, di Unicredit o di
Intesa San Paolo ma se le produzioni rimarranno in Italia e se
l'occupazione crescerà. Questo è il vero nodo cruciale
dell'operazione. I disastri economici sanno farli gli stranieri allo
stesso modo degli italiani. L'Ilva di Taranto, dopotutto, era di
proprietà della famiglia Riva. Nessuno ha la sfera di cristallo ed è
perciò stupido ipotizzare il futuro della Pirelli con assoluta
certezza. Giudichiamo l'operazione in base ai risultati operativi
(economici e non solo monetari).
Pier Giorgio Tomatis
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