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martedì 31 marzo 2015

Cine-amatori





Facciamocene una ragione. La Pirelli ha una proprietà che non è più solo a maggioranza italiana. La ChemChina è entrata nella stanza dei bottoni della società meneghina. Chi trema di fronte a questa novità economica (che è molto diversa da quella di Fiat/Chrysler) deve farsene una ragione ed abituarsi all'idea. Seguiranno altri casi come questo. E' inevitabile. Il trend di crescita degli investimenti non sta in Italia ma nei ricchi Paesi dell'Opec, dell'India e appunto della Cina. Ad iniziare la rivoluzione che è oggi sotto gli occhi di tutti è stata Margaret Thatcher. In modo massiccio, nella sua seconda legislatura come Primo Ministro, la Lady di Ferro vendette i gioielli dell'economia inglese e le case di proprietà pubblica agli inquilini che ci abitavano. I suoi stessi compagni di Partito definirono questo “liberismo” spinto come una vendita “dell'argenteria” di famiglia. La sua uscita di scena è stata determinata da uno scrutinio interno dopo una insanabile frattura dovuta alle dimissioni del ministro degli esteri Geoffrey Howe. I suoi stessi “amici” la accusavano di essere, con la sua intransigenza, la causa di un completo isolamento del paese nei preliminari della conferenza che avrebbe dovuto sancire il trattato di Maastricht. Oggi, James Cameron vorrebbe portare il Paese fuori dell'Europa con un referendum. La Thatcher, evidentemente, non era poi così poco lungimirante. Bene, la Primo Ministro combatteva a muso duro le critiche alle liberalizzazioni ed alla vendita delle storiche industrie inglesi con un concetto tanto semplice quanto inattaccabile: non è importante chi ha la proprietà dell'azienda quanto il lavoro che il consiglio di amministrazione deve saper dare. Questo è il vero banco di prova di un'azienda. Non è importante, quindi, se la Pirelli è di Tronchetti Provera, di Unicredit o di Intesa San Paolo ma se le produzioni rimarranno in Italia e se l'occupazione crescerà. Questo è il vero nodo cruciale dell'operazione. I disastri economici sanno farli gli stranieri allo stesso modo degli italiani. L'Ilva di Taranto, dopotutto, era di proprietà della famiglia Riva. Nessuno ha la sfera di cristallo ed è perciò stupido ipotizzare il futuro della Pirelli con assoluta certezza. Giudichiamo l'operazione in base ai risultati operativi (economici e non solo monetari). 
Pier Giorgio Tomatis

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