Ci
sono corsi e ricorsi storici singolari. Dettagli e particolari solo
in apparenza insignificanti che sembrano far parte di un meccanismo
più grande ed incredibile. Oggi vi proponiamo due di queste
circostanze ambigue e controverse.
In
un periodo storico che va dal XIII e che termina poco dopo il secondo
conflitto mondiale, in un'area geografica che comprendeva l'attuale
Germania e si estendeva fino alla Lituania, passando per la Polonia
nord-orientale, è comparso il termine “Junker”. Con
tal nome veniva identificata la classe dominante in Prussia. Erano
ministeriales,
funzionari con compiti d'intendenza che vivevano secondo lo stato di
cavaliere. Una classe di chiara discendenza feudale riuscì (unico
esempio nel suo genere in Europa) a prolungare il proprio predominio
politico fino al XIX secolo. La scarsa resa delle terre costrinse
costoro ad una "instancabile efficienza" e permise loro di
vincere il duello con un'emergente borghesia, ancora fragile e ignara
delle proprie potenzialità (depresse dagli scarsi risultati del
mercato interno). Dal
1° novembre del 2014, il Presidente della Commissione Europea è un
politico e avvocato lussemburghese di nome Jean-Claude Juncker.
L'Impero
ottomano fu, insieme a quello austro-ungarico, prezioso alleato della
Germania durante la 1a Guerra Mondiale. Tale unione, oltre che
strategica, era dovuta anche e soprattutto dal fatto che i tedeschi
avevano investito molti capitali e risorse nel suo sviluppo economico
e nell'esercito. Nell’Ottobre del 1961 la Turchia firmò un accordo
con la Repubblica Federale Tedesca per permettere ai suoi cittadini
di trasferirvisi e incrementare la forza lavoro teutonica. Erano
passate solo undici settimane dall'edificazione del Muro e
dall'inizio dell'isolamento di Berlino Ovest dalla DDR. Col tempo, e
soprattutto con la massiccia migrazione turca in Germania, i rapporti
tra i due Stati si sono raffreddati ma, nonostante tutto (lo dice la
Storia e l'opportunismo politico), Berlino
ascolta e foraggia (con i nostri soldi) più volentieri il vecchio
alleato che noi “insopportabili” italiani.
Pier Giorgio Tomatis
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